Febbraio corto e amaro

Febbraio intenera, dice. Forse potenzialmente. Tutti i mesi potrebbero essere potenziali inteneritori se si è nella disposizione fisica, emotiva e cerebrale conforme alla tenerezza. Il contatto con le esistenze lì fuori, tante vite così simili e così diverse che anche di sfuggita o per brevi scenari condivisi, ci passano accanto, a me intenera sempre. Mi incuriosiscono e mi inteneriscono la gente e gli spaccati. I panorami invece mi restituiscono pace con il mondo e con me stessa. Sennò manco per niente. Sennò Febbraio a me indispone. E quando provoca tenerezza è solo nostalgia. Questi deliri noiosi sono il risultato dell’influenza. O nella peggiori delle ipotesi l’influenza fa emergere la verità su di me. Credo che, per questo ed altri motivi più prosaici, sia più adeguato definirlo corto e amaro. Quattro giornate fredde ma limpide trascorse a combattere con morbi e malesseri, e oggi una giornata di quelle che chi può dirlo come andrà. Certe giornate sono lo specchio di certe sensazioni, iniziano in bilico e non è dato sapere se proseguiranno in pianura, in collina, al mare, in montagna o su di piccolo inaspettato pezzo di isola felice dove non esistono non detti e non fatti relegati e accartocciati in un angolo. Un’isola dove pensiero, volontà e azioni collimano. La casa a Febbraio, con la stagione che non è più inverno ma neanche primavera, con il cotone che fa a cazzotti con la lana, e il cielo azzurro e poi bianco, può diventare un limbo che potrebbe attaccarti addosso la peggior distorsione di percezioni e di valutazioni di tutto l’anno, sindromi femminili comprese. Il limbo è quella terra di mezzo che amplifica tutto e in cui avresti sperato non fosse come poi si è rivelato e pur avendolo sempre saputo continui a sperare che forse ti sbagli, che la tua non è la logica migliore, e non sai se lo fai per salvaguardare te stessa o quelli in cui avevi risposto le tue certezze. Perché la storia che la mano la trovi solo alla fine del tuo braccio l’ho sempre schifata. Perché la mia vorrebbe essere quella di tante braccia. Il limbo è stronzo e subdolo e si insinua. A volte ti obbliga a osservare cosa c’è nel mezzo, non ti fa svicolare più di tanto ma ti costringe, con i suoi modi spartani, ad osservarlo ed attraversarlo. Il limbo è, ammettiamolo, prerogativa di chi è stato programmato a complicarsi un po’ la vita, con la testa e il cuore sempre esageratamente addentrati o sulle nuvole a porsi domande strambe a cui saper anche dare risposta e subito dopo senza pausa il pensiero incoraggiante e rasserenante di nominare di getto coloro con cui condivideresti sia le domande che le risposte. E le cazzate. E le nostalgie. E le follie. E le paure. E le sofferenze. E le gioie. E i dubbi. C’è un mondo meraviglioso fuori ma c’è un mondo sconfinato anche dentro. In mezzo, nel limbo, ci troverò sempre un’altra parte di me, insieme a tutte le mancanze, quelle che ci sono giorni che proprio sei infastidita e dici “certo doveva andare diversamente”, che non lo accetti il tuo destino e sai che non potrà mai essere come prima ma sei consapevole che adesso hai una grossa responsabilità. E sei tu.

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