L’ILLUSIONE FA L’UOMO LADRO

C’è una forma di violenza che viene raccontata sempre molto poco, per pudore, perché non la si vuole riconoscere né ammettere, perché a differenza delle botte, non lascia lividi esterni, visibili a occhio nudo, ma all’interno provoca danni inauditi, cumuli di macerie. È una violenza subdola, sottile e meschina, inflitta e subita, scaturita da una attrazione perversa e insana tra il carnefice – che si traveste da angelo e poi torna carnefice – e la vittima, in parte consapevole di questo gioco al massacro, eppure legata all’ideale iniziale, illusa, appesa ad un filo. È un tema delicato e complesso che abbraccia la sfera psichica più ancestrale e ha radici ataviche. Circoli viziosi di dipendenza-indipendenza, giochi di forza, La violenza psicologica, la violenza emotiva. Quando ti critica costantemente perché secondo lui non vai mai bene. Ti vuole diversa. Sempre di più. Sempre di meno. Mai te stessa. In una corsa dove non vinci niente perché non è previsto che tu ce la faccia. Quando ti svaluta. Quando i tuoi sentimenti non vengono considerati o vengono calpestati. Quando le sue priorità non possono mai essere trascurate e le tue mai anteposte. Quando è sempre colpa tua, e se ti ribelli alla denigrazione è perché non sai reggere il confronto con la perfezione, che invece non è niente altro che un complesso, un disagio, qualcosa che potrebbe fare tenerezza se non fosse che somiglia troppo all’anaffettività. Un malessere che fagocita entrambi. Un’indifferenza lucida che fa orrore se si immagina il buio profondo dalla quale proviene. Conosco donne straordinarie dall’intelligenza sottile, brillanti e indipendenti sul cui sguardo ho visto calare l’ombra di quel dolore lì. Quello che a volte è lividi, a volte è solo silenzio, a volte è “no, niente, forse sto sbagliando io” o “è solo un momento, passerà”. E poi, invece, non passa mai, non passa più. Per raggiungere concretamente una realtà dove i paradigmi mutino, occorre insegnare agli uomini – tutti, uomini e donne – l’educazione sentimentale e il rispetto verso l’umanità, occorrono madri che aiutino in questo percorso, che non difendano o nascondano dinamiche deleterie cercando giustificazioni e colpe all’esterno. La diversità è unicità, non veleno da somministrare; l’empatia non è sempre una dote necessaria ma il rispetto sì, e il rispetto prevede che non si proceda dritti sulla propria strada lasciandosi dietro morti e feriti, incuranti, purché si proceda. Occorre educare figli maschi e soprattutto occorre introdurre nelle scuole, fin da quelle dell’infanzia, la psicoterapia.